Napoli e la sua cucina rappresentano indubbiamente un patrimonio corale e il volume “La Cucina di Napoli” di Maria Teresa Di Marco e Lydia Capasso – Guido Tommasi Editore – ne è la conferma.
La cucina napoletana, assai più di altre tradizioni, ha in bocca la storia e lo spirito di una città che non ha uguali. Mastica la semplicità, gode dell’eccellenza dei prodotti e, soprattutto, esercita la creatività gioiosa di chi non si accontenta: a Napoli non basta mettere insieme il pranzo con la cena, ma occorre fare del cibo, come della vita, un boccone di piacere.
Dalla corte borbonica ai Quartieri Spagnoli
È così che la tradizione popolare, ingegnosa del poco e del niente, ha riscoperto e fatto propri i percorsi aristocratici della corte borbonica, segnata dall’influsso spagnolo, ma soprattutto francese, di piatti sontuosi, come i timballi, i sartù, o la pasticceria raffinatissima. Ma a Napoli tutto si contamina, si mischia, si confonde in un miracolo di sapori che non ha uguali nel panorama gastronomico mondiale. Ne è prova mirabile la Parmigiana di Melanzane che in cucina e nel volume viene declinata, con savoir faire, anche in bianco, oltre che con zucchine e carciofi.
Mangiafoglie o Mangiamaccheroni?
“Mangiafoglie” di verdure e di minestre a volte elaborate e ingegnosissime (come nel corso della celebre minestra maritata), i napoletani lo sono stati per antica tradizione e non hanno smesso di esserlo nemmeno quando sono diventati, assai più recentemente, “mangiamaccheroni”.
La pasta, e in modo diverso la pizza, rappresenta il respiro di Napoli e della sua arte: celebra le vongole anche quando se ne sono fujute, fa della frittata di maccheroni una religione di scrupolosi gesti culinari e dello scàmmaro di magro, un piatto che consola i buongustai partenopei in periodo di Quaresima. Ma al contempo costruisce attorno alla pasta e ai suoi formati fastose architetture con crostate, timpani, timballi, lasagne e le dedica, in un lungo atto d’amore, i grandi sughi di lenta cottura (ragù bolognese, glassa e genovese).
La grande tradizione dei dolci
E che dire della grande tradizione partenopea dei dolci: sfogliatelle, babà, pastiera, struffoli, susamielli, roccocò, migliaccio, graffe, mostaccioli e poi zeppole, torta caprese, delizie al limone, pastiera, babà: ciascuno ricco di storia e di variazioni sensoriali. Queste le radici profonde della scuola dolciaria partenopea, tra le più ricche al mondo, continuamente attualizzata dall’inesauribile fantasia dei maestri napoletani e fedelmente riportate dalle due autrici.
La cucina napoletana è una cucina che si arrangia meglio di qualsiasi altra, ma che, in nessun caso, si accontenta di un piatto anonimo e poco gustoso.
Le foto sono di Maurizio Maurizi.
La Cucina di Napoli
di Maria Teresa Di Marco e Lydia Capasso
Guido Tommasi Editore
18×29 cm – 264 pagine
25 €
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