Scrigno di Venere: la riscoperta di un tesoro perduto

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È bello tornare ad occuparsi del Cantunzein, uno dei locali storici di Bologna la Grassa o “…l’ultima osteria d’Italia” come l’amava definire, con una certa civetteria, il suo “mitico” proprietario Evio Battellani. Questo romagnolo di Mordano era famoso per la propria inesauribile creatività gastronomica: ogni giorno il suo menù non contemplava meno di trenta minestre. C’erano 4 tipi di risotti, 4 tipi di spaghetti, 5 di tagliatelle – fra cui certe originali tagliatelle rosse, col pomodoro impastato nella sfoglia, che Battellani creò in onore dell’allora sindaco Fanti il giorno della sua elezione – 4 tipi di tortellini, 3 di tortelloni, 2 di maccheroncini, e poi “armonie”, “trittici”, cannelloni, lasagne e gnocchi. Bisogna poi aggiungere che le minestre del Cantunzein erano in continua evoluzione, dal momento che “…quando qualcuno imita un mio piatto – chiosava Battellani – io lo tolgo immediatamente dal menù”.

Il significato della creatività in cucina

Al Cantunzein non veniva servito pesce, ma carne a volontà e cucinata nei modi più svariati, dall’arista di maiale al latte al fritto misto, dal petto di tacchino al cosciotto d’agnello allo spiedo, senza dimenticare una preparazione dal titolo singolare, presentata nel giugno 1968 in occasione di un evento della Dotta Confraternita del Tortellino: la Costoletta di Eva farcita alla Bolognese. Si trattava di una costoletta d’agnello impanata e rosolata, sulla quale venivano aggiunte una fettina di prosciutto, delle lamelle di tartufo, una fettina di emmenthal, una grattugiata di Parmigiano, il tutto glassato con panna e rosso d’uovo, infine infiammato col cognac.  

Fin dal suo lancio a metà degli anni ’60, il Cantunzein con il suo accogliente e fresco giardinetto all’angolo di Piazza Verdi diventò una meta d’obbligo per i buongustai  bolognesi e forestieri, poi dopo i moti studenteschi del 1968 l’intero quartiere universitario andò in crisi, fino alla chiusura del ristorante all’inizio degli anni ’80. Dopo una lunga parentesi di oblio, ora, a 50 anni esatti dalla creazione dello Scrigno di Venere, la ricetta più mitizzata di Battellani, ho intrapreso un’accurata ricerca su ricordi, testimonianze e documenti di questo famoso piatto  

L’eredità di Giuliano Facchini

Con un colpo di fortuna, sono potuto risalire agli eredi di Evio e poi a Giuliano Facchini, il vecchio maitre del ristorante ed ora patron dell’Oasi di Sasso Marconi (BO), il ristorante che ha saputo mantenere ancora viva la grande eredità gastronomica del Cantunzein.

Una domenica mattina mi sono quindi presentato all’Oasi e Giuliano, con un po’ di pazienza, mi spiegato tutti i passaggi della preparazione, tutt’altro che semplice per un giornalista che non ha mai frequentato la scuola alberghiera.

Innanzitutto, prima di addentrarci in cucina, chiariamo alcuni punti fermi: prima questione, l’autentico Scrigno racchiude, all’interno, soltanto tagliatelle verdi abbondantemente condite e non  tortellini, come riportato da alcune fonti, evidentemente poco informate; seconda questione, lo Scrigno è farcito di profumato tartufo bianco, quindi non è possibile gustarlo tutto l’anno, ma si tratta di un piatto stagionale, prettamente autunnale.

Un Rituale ai Fornelli

Più che un’attività culinaria, lo definirei un rito di alta gastronomia d’Antan, con la preparazione delle due sfoglie, una gialla e l’altra verde, il sobbollire del succulento ragù bolognese, la miscelazione della besciamella, il taglio di prosciutto crudo e tartufo bianco, l’impiego “generoso” di burro e Parmigiano.  

Tutte queste azioni e i loro ingredienti trovano naturale sublimazione nella fase di preparazione finale dello Scrigno dentro i tegamini di coccio monoporzione: il risultato è stato un piatto indimenticabile al palato e opulento nella memoria gustativa: un ricordo e un esempio ideale di quella ricca cucina petroniana del secondo Dopoguerra, che ha reso Bologna famosa tra i gourmet di tutto il mondo, pur abbondando (secondo gli attuali canoni nutrizionali) di burro, fondi di cottura, panna, carne rossa e selvaggina, frattaglie, ovarine, funghi e tartufi.

A onor del vero, la mia visita all’Oasi non si è conclusa con la degustazione dello Scrigno di Venere, ma patron Facchini, preso dal fiume di piacevoli ricordi, mi ha parlato anche dei Tortellini alla Nerone, del Risotto alla Cardinale e della sua Cotoletta farcita alla Guido Reni con funghi porcini, mozzarella e Parmigiano: da leccarsi i baffi.

Ma questa è un’altra storia… 


Scrigno di Venere

Ricetta di Giuliano Facchini, ex Cantunzein e chef dell’Oasi di Sasso Marconi (BO)

  • Preparare una sfoglia verde con farina, spinaci cotti e uova, quindi tagliare delle tagliatelle strette. Preparare anche una sfoglia tradizionale gialla e tagliare dei riquadri di 12 cm di lato.
  • Preparare un classico ragù alla bolognese e una leggera besciamella.
  • Tagliare a piccole listarelle del prosciutto crudo
  • Cuocere le tagliatelle molto al dente, i riquadri di sfoglia e scolare il tutto con cura.
  • Tirare le tagliatelle in padella con ragù e panna.
  • Prendere i riquadri di sfoglia e adagiarvi una porzione di tagliatelle condite. Mettere il tutto in un tegamino di coccio monoporzione, avendo cura di spalmarlo prima di burro. Cospargere le tagliatelle di prosciutto crudo a pezzetti, lamelle di tartufo bianco, Parmigiano Reggiano grattugiato e un ricciolo di burro. Richiudere, ripiegando le punte del riquadro una sull’altra, cospargere di besciamella e infornare per 10/12 minuti a forno già caldo.
  • Servire negli stessi tegamini di coccio, dopo  avere aperto delicatamente lo scrigno per cospargere le tagliatelle con ulteriori lamelle di tartufo affettato al momento.
  • Guarnire con un tortellino posto al centro del tegamino infilato in uno stuzzicadenti e portare in tavola.

Lamberto Mazzotti